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Vin Santo del Chianti Rufina Riserva 2018 Fattoria Il Capitano – Azienda Agricola Balbi

Quando si parla di Vin Santo la prima regione che ci viene alla mente è la Toscana, ma in realtà questo nome va ad identificare numerosi vini più o meno conosciuti, prodotti in diverse regioni soprattutto (ma non solo) dell’Italia centrale, abbiamo così il Vin Santo Veneto, quello di Gambellara, quello piacentino e quello umbro, non dimentichiamo poi il Vino Santo trentino e il Torgiano Vin santo, ci sono poi gli assai rari Vinsanto di Vigoleno e quello di Brognoligo e la lista potrebbe continuare.

Ma tornando in Toscana abbiamo quattro denominazioni che contemplano il nome Vin Santo: Vin Santo di Carmignano, Vin Santo del Chianti, Vin Santo del Chianti Classico e Vin Santo di Montepulciano.

Nella Doc Vin Santo del Chianti abbiamo poi le sette sottozone e così possiamo trovare: Vin Santo Colli Fiorentini, Rufina, Montalbano, Montespertoli, Colli Senesi, Colli Aretini, Colline Pisane.
La base ampelografica è la stessa per tutte le sottozone e prevede: Trebbiano toscano e/o Malvasia per un minimo del 70% mentre per la parte rimanente possono essere utilizzati vitigni idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana senza alcuna specifica di colore.
Il vino può anche essere prodotto come Riserva, inoltre c’è anche la tipologia Occhio di Pernice che prevede l’utilizzo di un minimo del 50% di Sangiovese e, anche per questo vino, per la parte rimanete possono essere utilizzati vitigni idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana senza alcuna specifica di colore.

Il disciplinare di produzione prevede che le uve debbono essere sottoposte ad appassimento naturale e che la pigiatura non possa avvenire prima del 1° dicembre dell’anno della vendemmia e non oltre il 31 marzo dell’anno successivo.
Comunque sia, prima d’essere pigiate le uve debbono aver raggiunto un contenuto zuccherino di almeno il 26% (27% se s’intende utilizzare in etichetta il nome di una delle sottozone).

Per quanto riguarda vinificazione ed affinamento entrambe debbono avvenire in botticelle di legno (caratelli) di capacità non superiore a 500 litri e la messa in commercio del vino non può avvenire prima del 1° novembre del terzo anno successivo alla vendemmia (quarto anno per quanto riguarda le Riserva).

Nel 2003 il grande Giacomo Tachis aveva scritto un libro sul Vini Santo toscano dal titolo “Il Vin Santo in Toscana” dove andava a tracciarne la storia, le uve utilizzate ed il loro appassimento, la vinificazione e l’affinamento.
Un libro indispensabile per gli appassionati della tipologia.

Il vino che andiamo a degustare è frutto di un blend in parti uguali di Trebbiano toscano e Malvasia bianca del Chianti, le uve provengono da un vigneto di 42 anni d’età che ha un’estensione di 1,4 ettari ed è situato a 150 metri d’altitudine nel comune di Pelago, il suolo è franco argilloso e l’esposizione è Nord-Ovest.
Il sistema d’allevamento è ad archetto toscano e la densità d’impianto è di 3.000 ceppi/ha mentre la resa è di 60 q.li/ha.
Le uve vengono appassite su graticci per circa tre mesi, dopo la pigiatura il mosto fermenta in caratelli posti nel sottotetto dove il vino poi rimane per almeno quattro anni, seguono sei mesi di bottiglia prima della commercializzazione.

Si presenta nel bicchiere con una tonalità tra l’ambrato ed il ramato, buona la sua viscosità.
Al naso è di buona intensità, le note ossidative sono delicate e rimandano alla frutta secca, noci, mandorle, noci brasiliane, fichi secchi, accenni di scorza d’arancio, la nota alcolica è un poco in evidenza d’altra parte in etichetta è riportato 17,5% Vol.
Dotato di buona struttura ma senz’alcuna pesantezza, asciutto, nuovamente troviamo la note ossidativa delicata, armonico e di buon equilibrio complessivo, con un leggero accenni di dolcezza e ricordi di nocino, vi cogliamo inoltre sentori di fichi al forno e di mandorle tostate, molto lunga la sua persistenza.
Lorenzo Colombo